E’ l’ultimo giorno della settimana, un venerdì di una settimana scorbutica, di un Aprile scorbutico che più che farci vivere una calda Primavera ci ha fatto sentire i pungenti retaggi di un fresco Inverno.
Il tempo è incerto ma non ci perdiamo d’animo, oggi è una giornata particolare. Il lavoro ci offre la possibilità di visitare un’eccellenza vitivinicola assoluta della nostra impareggiabile Toscana, la Tenuta Col d’Orcia in quel di Montalcino.
L’amico Giammichele Grieco, responsabile commerciale dell’azienda, ci aspetta per una passeggiata tra le vigne, la visita in cantina e la degustazione. Sarà pure una giornata scorbutica ma al solo pensiero che presto ci immergeremo in tanta bellezza il tempo dell’anima si rasserena e tutto si fa più piacevole.
Alcuni degli aspetti più entusiasmanti di chi lavora nel settore enogastronomico sono la ricerca e la conoscenza dell’enorme offerta di qualità che il nostro paese ci riserva. La nostra regione non è da meno e in ogni angolo del suo territorio, dal lussureggiante mare ai freschi appennini, possiamo trovare piccoli e grandi produttori di eccellenza e spesso, molto spesso, scoprire storie affascinanti.
Arriviamo alla Tenuta e Giammichele è ad attenderci. Non c’è da perdere tempo, Irina ed io siamo pronti per il tour nelle vigne. Siamo nella casa del Moscadello, del Brunello, del Rosso, siamo a Montalcino. Siamo dove la storia è quotidianità e la tradizione secolare è diventata patrimonio comune.
Provare a raccontare la storia di questa tenuta è impresa assai ardua, specialmente se si vuole condensarla in poche righe. Ma non se ne può fare a meno e quindi, scusandomi fin da ora per la dolorosa sintesi, mi avvio.
Partiamo dalla fine. La tenuta è dal 1973 di proprietà della famiglia Marone Cinzano, quando il 29 novembre al Conte Alberto fu venduta da Stefano Franceschi. Nel 1992 la Tenuta Col d’Orcia viene scorporata dal gruppo Cinzano e diventa di proprietà del Conte Francesco Marone Cinzano che da allora la guida con grandi impegno e soddisfazione.
La tenuta si adagia ai piedi delle colline che da Sant’Angelo in Colle degradano verso la valle dell’Orcia, da cui prende il nome. In quei territori, sotto lo sguardo superbo del Monte Amiata, gli scavi archeologici, con il ritrovamento di alcuni Kàntaros – il tipico bicchiere da vino - hanno confermato che fin dal tempo degli etruschi si coltivava la vite. Una terra fin da allora vocata alla vitivinicoltura non ha mai perso questa sua missione che nel corso dei secoli si è sempre più sviluppata.
Le origini della Fattoria di Sant’Angelo in Colle, che si sarebbe affermata per molto tempo come la più importante realtà economica del borgo, sono legate alla famiglia dei nobili cavalieri senesi della Ciaia che arrivarono in zona nel 1614 e nel corso degli anni seguenti fecero crescere un fiorente attività. Di generazione in generazione la fattoria passò di mano fino a quando nel 1840, alla morte del cavalier Donato della Ciaia, la Fattoria fu ceduta alla famiglia Servadio che ne rimase proprietaria fino al 1890. Alla morte di Carlo Servadio ebbe a compiersi il penultimo passaggio e la proprietà venne acquistata da Lavinio Franceschi.
Tratto dal sito ufficiale della Tenuta Col d’Orcia
“(…) La discendenza odierna risale almeno al 1890, data in cui, documenti ufficiali mostrano che la Famiglia Franceschi originaria di Firenze acquistò la proprietà, poi conosciuta come Fattoria di Sant’Angelo in Colle. Nei primi del 1933 la Fattoria di Sant’Angelo in Colle presentò i suoi Brunelli alla “esposizione di vini” (Prima Mostra dei Vini d’Italia) tenutasi a Siena, una delle prime attività commerciali presentati in Italia, decine di anni prima che il Brunello divenisse un vino prezioso (di prima classe) di livello internazionale e mondiale.
I fratelli Leopoldo e Stefano Franceschi ereditarono la proprietà e conseguentemente divisero le loro parti nel 1958. Le condizioni della separazione proibirono ad entrambi di usare il preesistente nome Fattoria di Sant’Angelo in Colle (…) Stefano Franceschi chiamò la sua azienda Col d’Orcia (collina sull’Orcia) dal nome del fiume che scorre attraverso la proprietà (…) Lui e la moglie non ebbero figli, e nel 1973 Stefano Franceschi vendette la sua proprietà alla famiglia Cinzano originaria del Piemonte (…)
Nel 1973 vi erano appena pochi ettari dedicati all’uva, che vennero estesi durante quest’epoca sotto la disposizione del Conte Alberto Marone Cinzano e raggiunsero i 70 ettari ai primi degli anni 80. Nel 1992 il figlio del Conte A. Marone Cinzano, Francesco prese la presidenza dell’azienda continuando a estendere le viti fino a raggiungere i 140 ettari odierni, i di cui 108 destinati alla produzione di Brunello, fanno di Col d’Orcia il terzo produttore di Brunello a Montalcino.”
Torniamo al presente e alla visita nelle vigne. Il sole ha fatto capolino tra le nuvole e comincia a far sentire il suo calore. Giammichele ci guida tra le vigne nella altopiano posto ai piedi del Colle di Sant’Angelo, dove da diversi decenni in collaborazione con l’Università di Firenze l’azienda sperimenta nuove tecniche d’impianto e di coltivazione.
Rimaniamo sorpresi dalla brezza che giunge da occidente e Giammichele ci spiega che queste altopiano, come tutta la Val d’Orcia, ha la fortuna di subire il benevole influsso del vento marino che risalendo la valle dell’Ombrone s’incanala nella valle dell’Orcia, un suo affluente, fino a giungere in questi luoghi.
Ma una presenza su tutte cattura la nostra attenzione, gli olivi secolari le cui dimensioni ricordano più che la tradizionale pianta toscana le più rigogliose e imponenti piante della piana pugliese e quelli abruzzesi. Prima della grande gelata del 1985, con temperature che scesero fino a -25°, non era infrequente trovare anche in Toscana olivi di questa stazza ma il grande freddo ne fece strage e ben pochi, pochissimi sopravvissero. Tra questi i grandi e monumentali olivi della Tenuta Col d’Orcia.
Proseguiamo il nostro giro nei filari e la fortuna ci assiste perché incontriamo un personaggio storico, l’agronomo Giuliano Dragoni che dal 1974 cura con amore e grande maestria questi territori che hanno dato lustro alla vitivinicultura italiana in tutto il mondo. Il suo arrivo alla Tenuta è stato praticamente contemporaneo a quello del Gruppo Cinzano e parlando con lui si ha la sensazione di sfogliare un instant book: il racconto di una grande storia ancora in costante evoluzione, una storia che è trascorsa e che sta trascorrendo proprio mentre siamo lì che lo ascoltiamo rapiti...
Vorremmo passare ore ed ore ad apprendere a fare domande, Irina è un fiume in piena e non smette di chiedere. Sembra quasi che quelle terre, quella natura generosa, quell’aria frizzante smorzata dai raggi del sole ci abbiamo dato una carica in più. Ma il tempo è tiranno e Giammichele ci ricorda che è arrivato il momento della degustazione, il padrone di casa ci aspetta.
Arriviamo nella sala e una tavola con molti calici a far mostra di sé ci attende. Pochi attimi, il Conte Francesco si presenta per accoglierci e comincia un nuovo e altrettanto elettrizzante tour: siamo passati dalle vigne al vino e la storia di Montalcino è davanti a noi pronta per essere degustata.
A ogni assaggio il Conte cattura sempre di più la nostra attenzione raccontandoci la storia di quel particolare vitigno, arricchendo la narrazione con qualche aneddoto che accresce la nostra conoscenza di terre gravide di grande tradizione. Evocati dal racconto, come fotogrammi di un passato glorioso, scorrono davanti ai nostri occhi i cavalieri templari, che forse per primi dopo l’anno mille padroneggiarono queste terre, e poi la Regina di Francia Caterina dei Medici che, giunta a Versailles, si preoccupò di ordinare alcune casse di Moscadello per allietare le serate di corte.
Purtroppo il tempo è volato, come sempre quando vorresti che le lancette dell’orologio si fermassero e ti permettessero di protrarre il piacere ad libitum… Gli impegni di una giornata lavorativa bussano alla porta e il Conte Francesco, ineguagliabile ospite di questa indimenticabile esperienza, ci saluta.
Torneremo alla Tenuta Col d’Orcia e lo faremo presto perché non saremo mai sazi della bellezza di questi luoghi. Fatelo anche voi, ne vale assolutamente la pena. Il vino, le sue storie, e noi a breve vi racconteremo la nostra fantastica esperienza degustativa.
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